Report Gender Gap

#EqualPayDay: 7.922 euro in meno all’anno per le donne

Il 15 novembre 2023 si celebra la Giornata europea della parità retributiva, una giornata simbolica che rappresenta il giorno dell’anno in cui le donne smettono di guadagnare, per cui i successivi giorni lavorativi fino alla fine dell’anno sono non retribuiti rispetto ai colleghi uomini. La data dell’ Equal Pay Day varia annualmente in base all’attuale cifra della disparità salariale di genere nell’UE. Nei 27 paesi dell’UE, infatti la retribuzione lorda oraria media dei lavoratori dipendenti di sesso maschile nel 2021 risultava essere superiore del 12,7% rispetto a quella delle lavoratrici. Questa discrepanza salariale si traduce in una differenza di circa un mese e mezzo di stipendio all’anno ed un successivo divario pensionistico pari al circa il 30% nell’UE (dati del 2018). La Commissione europea dedica ogni anno una giornata a sensibilizzare sull’evidente divario salariale di genere e per continuare gli sforzi al fine di garantire una parità di retribuzione per uomini e donne. La situazione in Italia sul gender pay gap Emerge dagli ultimi dati forniti dall’Osservatorio sui lavori dipendenti del settore privato dell’INPS che nel 2022 i lavoratori dipendenti del settore privato, escludendo operai agricoli e domestici, che hanno svolto almeno una giornata retribuita nell’anno, sono stati 16.978.425, con una prevalenza di sesso maschile del 57,2% del totale. Inoltre, è presente una forte disparità salariale di genere anche nella retribuzione media annua, attestata a 22.839 euro, che vede una retribuzione costantemente superiore per i lavoratori di sesso maschile (26.227 euro), rispetto a quella delle lavoratrici femminili (18.305 euro).  Il gender pay gap in Italia si attesta quindi a 7.922 euro in meno per le donne. Secondo i dati INPS, in Italia il divario retributivo di genere è pari al 13,1%, in leggera diminuzione rispetto al 2022 (13,2%). Ciò significa che per ogni euro guadagnato da un uomo, una donna ne guadagna 0,87. Le cause del divario retributivo sono molteplici e includono fattori strutturali, come la segregazione occupazionale, i pregiudizi di genere e la discriminazione, la maternità o ruoli di cura in ambito familiare, e fattori individuali, come la scelta di percorsi di studio e carriera meno remunerativi. Alcune proposte per colmare il divario retributivo Per colmare il divario retributivo è necessario intervenire su 2 fronti, uno strutturale e uno individuale. A livello strutturale, è necessario promuovere la parità di genere in tutti i settori della società, contrastare i pregiudizi e la discriminazione e favorire la conciliazione tra lavoro e famiglia. A livello individuale, è importante che le donne siano consapevoli dei propri diritti e si impegnino a coltivare ambizioni senza ostacoli o freni rispetto alla possibilità di occupare qualsiasi ruolo, perseguendo percorsi professionali anche storicamente ad appannaggio maschile. In occasione del #EqualPayDay è importante riflettere sulle azioni utili a superare il gender pay gap come: È importante che tutti, istituzioni, imprese e cittadini, si impegnino per colmare il divario retributivo e garantire a tutte le donne la possibilità di avere pari opportunità di lavoro e di guadagno. L’implementazione di queste proposte può contribuire in modo significativo a ridurre il gender pay gap e promuovere una maggiore equità nel mondo del lavoro. La consapevolezza dell’attuale divario è sicuramente un primo passo importante, affinché si prenda atto della disparità per poi agire verso il riequilibrio. A cura di Jessica Sabellico e Stefania Lofiego

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BlackRock dixit: l’equità di genere aumenta la redditività

L’equità di genere non è solo un diritto umano fondamentale, ma funge anche da catalizzatore per la crescita economica e la prosperità. Quando le imprese abbracciano l’inclusività e promuovono l’uguaglianza di genere, sbloccano una serie di vantaggi che influiscono positivamente sul loro bilancio. Lo studio di BlackRock “Lifting financial performance by investing in women”  dimostra infatti che le aziende con una maggiore equità di genere hanno una migliore redditività delle risorse utilizzate (misurata come RoA: tasso di rendimento sul totale dell’attivo di un’impresa) rispetto ai peers che registrano meno equità tra i generi, con una crescita annuale media del 2% tra il 2013 e il 2022. L’equità produce benefici concreti.  Più è bilanciata la presenza tra uomini e donne in azienda e più sono positivi i risultati. Né la sottorappresentazione di uomini né la sottorappresentazione di donne porta valore, come si evince nella Chart 4 ripresa dal Report. Un migliore bilanciamento riduce il tasso di turnover dei dipendenti, così come un maggior numero di donne nelle posizioni dirigenziali può essere associato ad investimenti con migliori rendimenti azionari. Lo studio dimostra anche che le aziende statunitensi in cui le donne prendevano periodi di maternity leave più lunghi superavano i competitor in cui i permessi erano più brevi. Di contro la presenza di gap diviene un indice predittivo di un minore RoA futuro, in particolare se riguarda il middle management rispetto all’intera forza lavoro.  Eppure queste evidenze ancora non si traducono in una rottura del soffitto di cristallo visto che tra le società dell’indice MSCI World le donne occupano solo il 18% dei posti dirigenziali nel 2021 ed il 6% dei ruoli CEO nel 2022. “L’apporto di capitale umano è molto importante per le performance di investimento”, ha dichiarato Sandra Lawson, Managing director di BlackRock che ha condotto il lavoro. “Si tratta di una correlazione piuttosto potente”.  L’interpretazione corretta dello studio porta a prendere atto che i diversi punti di vista di persone quanto più dissimili tra loro (non solo per genere ma anche per altri fattori sociali come il background culturale o l’età per esempio) porti valore. Un valore misurabile in termini economici. A cura di Federica De Felici e Stefania Lofiego

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