Report Gender Gap

Parità di genere: un orizzonte lungo altri 50 anni

L’edizione 2024 del report McKinsey “Women in the Workplace” ci restituisce interessanti evidenze sulla partecipazione delle donne nel mondo del lavoro. Lo studio da 10 anni misura la presenza/assenza femminile nelle aziende americane all’interno della catena gerarchica dal primo impiego “entry level” fino alla C-suite, attraverso i ruoli di Manager, Director, VP, SVP. Una rilevazione che ha coinvolto nel decennio più di 1.000 aziende, 480.0000 persone, intervistando nel 2024 15.000 lavoratori e lavoratrici di 281 organizzazioni (che complessivamente hanno 10 milioni di persone), misurando così la condizione femminile nel complesso, ma anche nei sottoinsiemi white, black, asian, latinas. I dati del 2024 rappresentano una situazione in miglioramento, l’effetto di azioni che le aziende hanno messo in campo nel tempo. La difficoltà e la lentezza del cambiamento denotano una fragilità del sistema, trasformazioni che non hanno inciso radicalmente e profondamente, da cui un ottimismo offuscato sul futuro. Partendo dal 17% del 2015, le donne nella C-suite oggi sono il 29%, ma il gap nella crescita lungo la pipeline è ancora ampio, considerando il 48% nell’entry level ed il 39% nei manager. Anche per le “women of color” pari al 7% nella C-suite permane una sotto rappresentazione dal 19% nel primo livello. Difficoltà per le donne su ogni passaggio, già nella salita del primo gradino (“broken rug” in gergo tecnico). Da entry level a manager ogni 100 uomini solo 81 donne sono promosse (dati 2024 vs 79 nel 2018, ad evidenziare un piccolissimo miglioramento) e questo effetto si propaga nel restante percorso di crescita. Guardando poi nel dettaglio le 81 donne rappresentano una percentuale media, con un divario tra 89 nel caso di donne bianche a 54 black women. Tutto questo si traduce in un orizzonte ancora lungo, pari ad altri 50 anni per il raggiungimento della parità per le donne. Un tempo medio che si divide in due diversi scenari: 22 anni se consideriamo le donne bianche e più del doppio, 48 anni, per le “women of colour”. E’ pensiero diffuso che le aziende con maggiore presenza femminile beneficiano di maggiore innovazione, una cultura più sana e prestazioni migliori, oltre che creare modelli di ispirazione per le nuove generazioni. Quali possibili azioni aiutano ad invertire la rotta? Interessanti gli spunti sul ruolo di alleati che possono avere gli uomini, per un cambiamento profondo ed efficace: Promuovere una cultura inclusiva, ingaggiando gli uomini verso l’obiettivo finale, rendendoli consapevoli del contesto e delle difficoltà incontrate dalle donne, considerando che la percezione maschile rispetto al raggiungimento della parità risulta maggiormente ottimista di quanto non riscontrino le donne. Prevedere programmi di sponsorship per i Senior-level uomini, così da favorire il superamento dell’Affinity bias che porta a scegliere profili affini, a discapito di figure femminili altrettanto meritevoli. Evidenziare i benefici derivanti da programmi di work-life balance anche per gli uomini come ad es. l’estensione del congedo parentale e normalizzarne l’utilizzo. La fotografia dei dati conferma una consapevolezza sempre più ampia, ed un percorso in itinere, su cui non bisogna rallentare, anzi, uniti si dovrebbe accelerare per offrire alle nuove generazioni di oggi un contesto che sia equo, senza dover attendere ancora una manciata di decenni. Per approfondire e leggere il report: https://leanin.org/women-in-the-workplace A cura di Stefania Lofiego Immagine dell’articolo generata con AI

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#EqualPayDay: 7.922 euro in meno all’anno per le donne

Il 15 novembre 2023 si celebra la Giornata europea della parità retributiva, una giornata simbolica che rappresenta il giorno dell’anno in cui le donne smettono di guadagnare, per cui i successivi giorni lavorativi fino alla fine dell’anno sono non retribuiti rispetto ai colleghi uomini. La data dell’ Equal Pay Day varia annualmente in base all’attuale cifra della disparità salariale di genere nell’UE. Nei 27 paesi dell’UE, infatti la retribuzione lorda oraria media dei lavoratori dipendenti di sesso maschile nel 2021 risultava essere superiore del 12,7% rispetto a quella delle lavoratrici. Questa discrepanza salariale si traduce in una differenza di circa un mese e mezzo di stipendio all’anno ed un successivo divario pensionistico pari al circa il 30% nell’UE (dati del 2018). La Commissione europea dedica ogni anno una giornata a sensibilizzare sull’evidente divario salariale di genere e per continuare gli sforzi al fine di garantire una parità di retribuzione per uomini e donne. La situazione in Italia sul gender pay gap Emerge dagli ultimi dati forniti dall’Osservatorio sui lavori dipendenti del settore privato dell’INPS che nel 2022 i lavoratori dipendenti del settore privato, escludendo operai agricoli e domestici, che hanno svolto almeno una giornata retribuita nell’anno, sono stati 16.978.425, con una prevalenza di sesso maschile del 57,2% del totale. Inoltre, è presente una forte disparità salariale di genere anche nella retribuzione media annua, attestata a 22.839 euro, che vede una retribuzione costantemente superiore per i lavoratori di sesso maschile (26.227 euro), rispetto a quella delle lavoratrici femminili (18.305 euro).  Il gender pay gap in Italia si attesta quindi a 7.922 euro in meno per le donne. Secondo i dati INPS, in Italia il divario retributivo di genere è pari al 13,1%, in leggera diminuzione rispetto al 2022 (13,2%). Ciò significa che per ogni euro guadagnato da un uomo, una donna ne guadagna 0,87. Le cause del divario retributivo sono molteplici e includono fattori strutturali, come la segregazione occupazionale, i pregiudizi di genere e la discriminazione, la maternità o ruoli di cura in ambito familiare, e fattori individuali, come la scelta di percorsi di studio e carriera meno remunerativi. Alcune proposte per colmare il divario retributivo Per colmare il divario retributivo è necessario intervenire su 2 fronti, uno strutturale e uno individuale. A livello strutturale, è necessario promuovere la parità di genere in tutti i settori della società, contrastare i pregiudizi e la discriminazione e favorire la conciliazione tra lavoro e famiglia. A livello individuale, è importante che le donne siano consapevoli dei propri diritti e si impegnino a coltivare ambizioni senza ostacoli o freni rispetto alla possibilità di occupare qualsiasi ruolo, perseguendo percorsi professionali anche storicamente ad appannaggio maschile. In occasione del #EqualPayDay è importante riflettere sulle azioni utili a superare il gender pay gap come: È importante che tutti, istituzioni, imprese e cittadini, si impegnino per colmare il divario retributivo e garantire a tutte le donne la possibilità di avere pari opportunità di lavoro e di guadagno. L’implementazione di queste proposte può contribuire in modo significativo a ridurre il gender pay gap e promuovere una maggiore equità nel mondo del lavoro. La consapevolezza dell’attuale divario è sicuramente un primo passo importante, affinché si prenda atto della disparità per poi agire verso il riequilibrio. A cura di Jessica Sabellico e Stefania Lofiego

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BlackRock dixit: l’equità di genere aumenta la redditività

L’equità di genere non è solo un diritto umano fondamentale, ma funge anche da catalizzatore per la crescita economica e la prosperità. Quando le imprese abbracciano l’inclusività e promuovono l’uguaglianza di genere, sbloccano una serie di vantaggi che influiscono positivamente sul loro bilancio. Lo studio di BlackRock “Lifting financial performance by investing in women”  dimostra infatti che le aziende con una maggiore equità di genere hanno una migliore redditività delle risorse utilizzate (misurata come RoA: tasso di rendimento sul totale dell’attivo di un’impresa) rispetto ai peers che registrano meno equità tra i generi, con una crescita annuale media del 2% tra il 2013 e il 2022. L’equità produce benefici concreti.  Più è bilanciata la presenza tra uomini e donne in azienda e più sono positivi i risultati. Né la sottorappresentazione di uomini né la sottorappresentazione di donne porta valore, come si evince nella Chart 4 ripresa dal Report. Un migliore bilanciamento riduce il tasso di turnover dei dipendenti, così come un maggior numero di donne nelle posizioni dirigenziali può essere associato ad investimenti con migliori rendimenti azionari. Lo studio dimostra anche che le aziende statunitensi in cui le donne prendevano periodi di maternity leave più lunghi superavano i competitor in cui i permessi erano più brevi. Di contro la presenza di gap diviene un indice predittivo di un minore RoA futuro, in particolare se riguarda il middle management rispetto all’intera forza lavoro.  Eppure queste evidenze ancora non si traducono in una rottura del soffitto di cristallo visto che tra le società dell’indice MSCI World le donne occupano solo il 18% dei posti dirigenziali nel 2021 ed il 6% dei ruoli CEO nel 2022. “L’apporto di capitale umano è molto importante per le performance di investimento”, ha dichiarato Sandra Lawson, Managing director di BlackRock che ha condotto il lavoro. “Si tratta di una correlazione piuttosto potente”.  L’interpretazione corretta dello studio porta a prendere atto che i diversi punti di vista di persone quanto più dissimili tra loro (non solo per genere ma anche per altri fattori sociali come il background culturale o l’età per esempio) porti valore. Un valore misurabile in termini economici. A cura di Federica De Felici e Stefania Lofiego

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